Le gigantografie dei calciatori sui grattacieli di Doha, crediti Pasquale Golia - riproduzione riservata
Arrivato in uno degli aeroporti più trafficati del mondo: l’Hamad International Airport, per l’occasione vestito con loghi e colori del Mondiale ed espletate le formalità doganali in appena cinque minuti per noi accreditati, la prima cartolina, e forse anche la più famosa nel mondo, di Doha è rappresentata in aeroporto, davanti il mall dei vari Gates, da un gigantesco orsacchiotto in bronzo fuso con la testa in una lampada, rivestito di peluche, il cosiddetto Lamp/Bear, installazione dello svizzero Urs Fischer che gli sceicchi Al Thani, al governo del Paese, hanno acquistato a un’asta di Christie’s per sette milioni di dollari.
Un simbolo che rende già l’idea di cosa sia oggi il Qatar, ovvero una straordinaria combinazione tra moderno, lusso, eccezionale e tradizione del mondo arabo. I qatarioti da qualche decennio si misurano oramai tra religione, architettura e design, avventure di lusso nel deserto ed installazioni d’arte. C’è, poi, la passione smodata per la falconeria e il business miliardario per il calcio. Lo scheicco Al Khelafi, proprietario del Paris Saint Germain di Messi, Mbappè e Neymar, è uomo di fiducia del principe regnante del Qatar AlThani. Una influenza in rapida espansione quella di questa piccola penisola 11.500 chilometri quadrati bagnata dal Golfo Arabico.
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Usciti dal grande aeroporto si intravvedono già le luci della ribalta mondiale, il primo grande evento senza la paura del Covid con addetti ai lavori e tifosi provenienti da ogni angolo del mondo senza più necessità di tamponi o App di tracciamento. Taxi, autobus e persino una moderna metropolitana dal 20 novembre al 18 dicembre porteranno in centro e poi negli stadi quasi tre milioni di fan dall’estero. Tutto estremamente bello e pulito. La metro ha persino una carrozza di prima classe, una per le famiglie ed una sezione riservata alle donne. Piccola curiosità: i visitatori in possesso dell’haya card, una sorta di permesso d’entrata che tutti i partecipanti al mondiale hanno dovuto richiedere preventivamente tramite un’applicazione, viaggiano gratis su metro e bus per tutta la durata del torneo.
Mano, mano che il treno si avvicina alla città, lo skyline è da mozzafiato; siamo in una delle città più moderne ed in evoluzione del mondo. Ciò che abbiamo notato sin da subito è che i qatarini occupano solo le posizioni più importanti nel lavoro o nella società pubblica. Alla dogana, infatti, ci siamo imbattuti un una giovane poliziotta locale di frontiera molto simpatica ed aperta al mondo. Mentre taxi, autobus sono affidati a driver stranieri, soprattutto pakistani, indiani ed africani. Così come per i lavori di manovalanza in generale a Doha, dagli hotel, sino ai negozi di grande distribuzione. In centro il Mondiale, poi, è annunciato con gigantografie issate sui grattacieli, in cui sono ritratti tutti i grandi campioni del calcio europeo. C’è da dire una cosa, però, il Mondiale coinvolge poco i locali. Sarà che i qatarini sono poco più di 300.000 in tutto il paese; il 70% della popolazione è straniera in Qatar per lavoro e poco incline alle feste mondiali. La festa, per il momento, è solo per i tifosi appena arrivati al seguito delle 32 squadre mondiali.
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Contrariamente a quanto si pensi sulle donne in Qatar e sul loro ruolo nella società locale. A trainare il nuovo corso della città di Doha sono le donne illuminate della famiglia al potere. Sheikha Al-Mayassa, sorella dell’emiro, è la direttrice di tutte le iniziative culturali e museali del Qatar. Grazie a lei, l’arte fa capolino ovunque. Da The Miraculous Journey, serie di 14 sculture in bronzo dell’artista britannico Damien Hirst installate nella fontana di fronte al Sidra Medical Hospital and Research Center(l’ospedale pediatrico), che evocano il viaggio nella magia e nel mistero della nascita, nessun luogo è escluso da questa ondata di rinnovamento culturale e artistico. Il Paese, un tempo tappa dei mercanti sulla via dell’incenso, colonia dei portoghesi che commerciavano le perle, poi dominio dell’Impero ottomano, ha scelto di guardare avanti ben prima dell’assegnazione dei Mondiali di calcio.
Così persino nell’antico Souq Waqif Le Poucedi César Baldaccini, un pollice dorato patinato in bronzo, diventa meta per fare selfie da parte delle ragazze qatariote che indossano l’abaya, ma con il volto scoperto. Le stesse che poi vanno a scattarsi selfie al Katara Cultural Village tra le Tre Scimmie di Ghandi, teste bronzee con maschera a gas, elmetto e passamontagna, assemblate dall’artista indiano Subodh Gupta con utensili da cucina, a simboleggiare la denuncia del Mahatma verso coloro che “non vedono, non sentono e non parlano” e l’anelito alla pace.
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L’ecosostenibilità è tra i criteri guida dell’architettura. The Pearl, per esempio, è un quartiere ricavato dal mare la cui planimetria richiama due ostriche, dove si abita sopra i centri commerciali o in luoghi ispirati alle nostre città gioiello. Un “ponte di Rialto” compare infatti nell’attiguo complesso residenziale di Qanat, con tanto di suonatori di violino sotto l’arcata.
Nella vicina Lusail, dove è stato costruito lo stadio della finale mondiale, si concentra la città sostenibile del futuro, dove l’energia arriva interamente dai pannelli solari, nessuna goccia di acqua è sprecata, i rivestimenti dei grattacieli che sfoggiano silhouette mirabolanti e ipertecnologiche nascono dal riuso dei materiali.
Al Katara Cultural Village coesistono moschee dai minareti ricoperti da mosaici e tasselli dorati, le Pigeon Towers (torri per i colombi), il caffè dell’emittente televisiva locale Al Jazeera, le Galeries Lafayette, con l’orangerie in vetro e un buffo padiglione a forma di pacco regalo. Tutto fa da cornice alle spiagge sulle quale le famiglie di espatriati si rilassano e fanno il bagno tra i grattacieli.
Proprio i grattacieli e gli enormi cantieri che vanno verso l’alto sono i panorami principali del centro di Doha. L’impressione è che la città sia in fase di espansione e di crescita.
Doha e le sue tradizioni
Basta però una passeggiata sulla Corniche, il nostro lungomare,per fare un viaggio all’indietro nel tempo: il Souq Waqif, lo storico mercato di Doha, è il regno della tradizione. Si ci arriva con una fermata dedicata della nuova metropolitana. Appena varcata la porta della stazione, all’interno aria condizionata a manetta, si intravvede subito lo skyline della città ed uno dei monumenti simbolo: il Fanar Qatar. Passeggiando tra i vicoli ricolmi di roba da vendere, nel Souq incontriamo Niwez Abbas, 35 anni, che vende falchi pellegrini. Il costo? Dai 1.300 euro fino a 2.500 per gli esemplari dalla livrea bianca. “Qui ci sono trenta negozi come questo, offriamo anche i copriocchi in pelle di varie fogge. E le compagnie aeree permettono di portare questo uccello in cabina come animale da compagnia, senza la gabbietta: cani e gatti invece viaggiano in stiva”. Di fronte al suo Ahmed Bin Ali Trading Office, dove i falchi aspettano sui trespoli chi li acquisterà, c’è il Falcon Hospital: i qatarini dedicano attenzioni tali a questi pennuti da portarli in ospedale al minimo disturbo.All’interno si può visitare il piccolo museo con la rassegna delle loro uova e piume. Qui è normale incontrare i vecchi pescatori di perle o i venditori di oggetti artigianali ma anche la new generation con tanto di Lamborghini parcheggiata affianco il Souq nel mentre sorseggiano un caffè nei tanti locali moderni del vecchio mercato. E mentre gli anziani portantini sfrecciano con le carriole sotto l’insegna del Bismillah Boutique Hotel, il primo aperto nel Paese nel 1951, le donne qatariote girano per il Souq co le amiche o con i propri bambini. A pochi passi, si salpa sui dhowin legno ancorati sotto il futuristico Museum of Islamic Art, firmato da Ieoh Ming Pei, diretti verso West Bay, l’altro isolotto dove le archistar hanno avuto carta bianca per creare grattacieli:Jean Nouvel è stato il più ardito con la Burj Doha Tower, la cui punta pare bucare le nuvole a 238 metri di altezza.
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