Maglie Serie A, crediti: RB - Classic Soccer Jerseys (rb-jerseys.com)
Rossoneri, nerazzurri, giallorossi. E poi ancora biancocelesti, blucerchiati, azzurri e viola. Non si tratta di colori a caso perché quelli delle maglie di Serie A hanno un significato ben preciso.
I fondatori scelsero determinate tonalità per rappresentare concetti e valori, chi più chi meno, che incarnavano lo spirito della squadra. Scopriamone nel dettaglio il significato.
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Partendo in ordine alfabetico troviamo subito l’Atalanta. Il nero e l’azzurro sono il frutto di una fusione tra due club, l’Atalanta appunto e la Bergamasca, avvenuto nel 1920. Venne eliminato il bianco (colore comune ad entrambe le squadre) e rimase il nero dell’Atalanta e l’azzurro della Bergamasca.
Segue il Bologna che invece deve i suoi colori al collegio svizzero Wiget auf Schönberg di Rorschach. Cambierà di seguito la disposizione nelle forme (da quarti a strisce) ma non le tonalità. Nessun segreto per il Cagliari che indossa i colori sociali della città; tuttavia, in origine, le casacche del club sardo erano bianche poiché Gaetano Fichera, chirurgo e fondatore, adattò dei camici bianchi come maglie da gioco.
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L’Empoli vede passare diversi colori, dal rossonero usato unicamente nella stagione 1920-1921, al nero con banda azzurra durante il periodo fascista (secondo Wikipedia). Dopo la seconda guerra mondiale il club adotterà dapprima il giallo nel 1947 per poi passare definitivamente all’azzurro.
Curiosa la vicenda circa la Fiorentina, da sempre associata ad una leggenda: il club utilizzò fin da subito il bianco e il rosso, i colori della città fino al 1929; il 22 settembre di quell’anno infatti il club affrontò in amichevole la Roma indossando il viola. Una leggenda metropolitana narra che il viola sia venuto fuori dopo un lavaggio errato delle maglie in un fiume ma la realtà dei fatti è che venne scelto da Luigi Ridolfi, dopo un’amichevole nel 1928 con l’Újpesti TE. Il Genoa invece, dapprima bianco, divenne rossoblù su proposta di Paolo Rossi insieme ai soci Giovanni Bocciardo ed Edoardo Pasteur.
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L’Inter ha iniziato da subito con una maglia a strisce verticali nerazzurre, abbinata a pantaloncini e calzettoni neri. Nel 1928 il club si fuse con l’Unione Sportiva Milanese, e la società quindi adottò una maglia bianca rossocrociata (come la bandiera di Milano). Nella stagione successiva però tornò ad usare le righe nerazzurre. Il motivo di questi colori? Fondamentalmente distinguersi proprio dall’altro club di Milano.
La “Vecchia Signora” invece in origine era di colore rosa con cravatta o farfallino e pantaloni neri. Coi frequenti lavaggi della divisa però si notò che il rosa scolorì e si decise per un cambio: la società chiese a Thomas Savage, un membro della società, di cercare nel suo Paese una casacca da gioco più consona e resistente all’usura. Questo si rivolse ad un amico di Nottingham, tifoso del Notts County, la cui maglia è appunto a strisce bianconere: fu spedito un kit a Torino e fu così che la Juventus divenne bianconera.
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La Lazio deve i suoi colori a Sante Ancherani, pioniere del club romano, che gli scelse per la loro “delicatezza e signorilità”; furono poi adottati dal presidente Fortunato Ballerini in onore della Grecia, patria delle Olimpiadi; Ballerini fu promotore dell’assegnazione alla città di Roma dei giochi olimpici del 1908 (che però si disputarono a Parigi). Pochi mister invece per il Milan: il rosso e il nero furono scelti per rappresentare il fuoco dei diavoli milanisti e la paura degli avversari nell’affrontarli.
I partenopei hanno scelto colori legati alla propria storia. Il Napoli infatti è azzurro come il colore della Regione Campania; si tratta infatti di un retaggio della dinastia angioina che regnò in città a partire dal 1266, e poi in dedica anche al cielo e al mare. Nessun segreto per la Roma che contrariamente non è “giallo come il Sole e rossa come er core”; la Lupa infatti deve i suoi colori a quelli del gonfalone del Campidoglio, uno dei sette colli dove fu fondata la città.
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Passiamo alla Salernitana che in origine era biancoceleste. Nel 1927 però il club si fuse con il Campania e la Libertas, ereditando il colore del primo club che era appunto granata. Anche i blucerchiati vedono i loro colori come risultato della fusione tra due club: la Sampierdarenese e l’Andrea Doria che danno ad oggi gli attuali colori della Sampdoria. Il Sassuolo scelse invece i propri colori sulla base di un antico palato che rimandava alla tradizione cittadina.
Da sempre bianco, con calzoncini neri, lo Spezia non ha mai cambiato tonalità. Più nota la storia del Torino, che in origine scendeva in campo sfoggiando l’arancio e il nero, dalle società “progenitrici” vale a dire l’Internazionale Torino e la Torinese ma poiché tali colori erano simili a quelli degli Asburgo, si optò per il granata. Il perché di questo colore vede varie versioni ma la più accreditata è quella secondo la quale si scelse di omaggiare la “Brigata Savoia”, che due secoli prima aveva liberato Torino dal Ducato di Savoia.
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L’Udinese ha da subito optato per il bianco e il nero, gli stessi colori delle insegne comunali. Storia diversa per il Venezia che iniziò a muovere i suoi passi in rossoblù, colori ereditati da due club, il Costantino Reyer e la Palestra Marziale e poi cambiati perché simili all’ostile Genova.
Sostituiti con il verde e il nero, l’arancio comparirà solo cinquantina di anni dopo, quando il club si fuse al Mestre, il cui colore era proprio l’arancione. Più semplice la storia del Verona i cui colori, giallo e il blu, richiamano infatti all’oro e all’azzurro dello stemma della città.
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Nella foto in evidenza la riproduzione di alcune maglie di Serie A, crediti: RB – Classic Soccer Jerseys (rb-jerseys.com)
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