Sportweek ha realizzato un bellissimo reportage sulle origini della carriera di Romelu Lukaku, con un focus sulle testimonianze dirette di chi ha avuto la fortuna di incontrarlo nella sua prima infanzia nel piccolo borgo di Wintam, Anversa, a nord di Bruxelles. Qui il piccolo Romelu si è fatto le ossa dando i suoi primi calci al pallone nel campetto a pochi metri da casa sua, nell’abitazione oggi occupata dalla famiglia di Raffaella Conte. Conte, appunto, quasi un segno del destino: “Che fosse stata casa di Lukaku ce l’hanno detto i vicini quando arrivammo nel 2012 – spiega la signora – Siamo abituati ai giornalisti“.
E, in effetti, l’infanzia di Lukaku fu tutt’altro che semplice, come spesso lui stesso ha raccontato. Anche a causa di fattori esterni alla sua famiglia, come racconta Erwin Wosky, primo allenatore di Romelu: “Ha sempre giocato da punta o esterno sinistro – ricorda il 56enne ex postino ora in pensione – Non era tecnico, ma era alto e calciava forte. Tanti gol, ma non passava il pallone: io glielo ricordavo, ma lui se ne dimenticava dopo un paio di azioni. Razzismo? Certi genitori lo accusavano di essere più vecchio e con documenti africani vista la stazza. Un giorno, Romelu mostrò a tutti i documenti di belga nato ad Anversa e poi pianse. Ma oggi è anche peggio“.
Il gigante belga non ha dimenticato i suoi amici ed è sempre molto disponibile ogni qualvolta torna a Wintam: “Anche se è famoso non ci dimentica – racconta il suo amico Sven Thijs, 25 anni – Ci invita alle sue partite, ma è meglio quando viene qui”. “Tutto quello che ha ottenuto se l’è meritato – concorda l’ex preside Marnef -Non era il migliore, ma ha lavorato duro per arrivare al top. È un personaggio che unisce, è rimasto uno di noi“.
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