Il Mondiale con l’Italia e gli scudetti, poi la Juventus lo ha rovinato | I medici ci hanno capito poco

Illustrazione della Juventus nel 2014 (LaPresse FOTO) - lagoelada.it
Ciò che è accaduto è davvero incredibile, nessuno si sarebbe mai aspettato una dichiarazione del genere. Ma cos’è successo?
Capita, nel mondo del calcio, che un trasferimento atteso con entusiasmo si trasformi in un boomerang. Non tutti i giocatori riescono ad adattarsi subito al nuovo ambiente: può essere il modulo tattico, il clima dello spogliatoio o, semplicemente, troppe aspettative da gestire tutte in una volta.
Alcuni talenti brillanti, una volta cambiata maglia, perdono smalto. Non segnano più, non convincono e finiscono spesso in panchina. A volte basta poco per far saltare la fiducia, anche quando il valore tecnico non è in discussione.
Ci sono casi emblematici di carriere che hanno subito brusche frenate. Un giocatore giovane che approda in un grande club troppo presto può bruciarsi in pochi mesi, mentre un veterano scelto come salvatore della patria si ritrova invece isolato, ai margini del progetto.
Una scelta sbagliata può rallentare, o addirittura rovinare un’intera carriera. E la storia del calcio è piena di sliding doors così, dove un’occasione mancata ha fatto tutta la differenza.
La parabola interrotta
Ci sono carriere che sembrano lanciate verso l’alto, con tutto il vento a favore, e poi improvvisamente si spezzano. Simone Pepe, esterno instancabile e uomo squadra alla Juventus, è stato protagonista di un’ascesa importante tra il 2010 e il 2012. Due stagioni di ottimo livello: nel primo anno in bianconero, 6 assist e 2 gol, poi una stagione ancora più solida con 6 gol e 3 assist, contribuendo allo scudetto del 2011/12, quello del nuovo ciclo vincente di Conte.
Ma il destino ha deciso di metterci lo zampino. L’infortunio, arrivato durante il Trofeo TIM nell’estate 2012, ha cambiato tutto. Un contrasto, nulla che sembrasse drammatico all’inizio, e invece da lì è cominciato un incubo lungo due anni. Nella recente intervista rilasciata a Cronache di Spogliatoio, Pepe ha raccontato come tutto sia degenerato: un percorso di riabilitazione troppo intenso, una ricaduta pesante, dolori continui. A un certo punto, addirittura, non riusciva più a chiudere bene la gamba.

Una situazione tragica
Come riportato da Cronache di Spogliatoio, nel periodo tra il 2012 e il 2014 Pepe ha visto il campo col contagocce. Solo 2 presenze in Serie A in due stagioni, lontano da quella versione scattante e decisiva vista prima dell’infortunio. E anche quando ha provato a tornare, nella stagione 2014/15, le cose non sono mai state le stesse: 16 presenze totali, un gol, due assist.
Poco rispetto a ciò che avrebbe potuto dare, specie considerando che aveva appena 29 anni quando il fisico ha iniziato a tradirlo. Eppure, nel buio, Pepe ha trovato un modo per restare utile. Nello spogliatoio della Juve, pieno di leader, lui era uno di quei collanti silenziosi che aiutano il gruppo a restare unito. Anche senza poter dare un contributo costante in campo, ha continuato a credere di poter aiutare i compagni.