Giovanni Zichella, crediti: ilcentro.it
“E’ arrivato a Torino che aveva 15 anni. All’inizio ha avuto difficoltà ad ambientarsi in città, lontano da casa. Però già si vedeva che aveva del talento. Dopo un anno, quando passò negli allievi, tutti i problemi finirono. Dire che era forte adesso è troppo semplice, seppur giovane era un grande professionista. Il fatto stesso che adesso a 36 anni gioca sempre e bene (capocannoniere) è perché farà una vita sana e si allenerà sempre bene”
Sono le parole di mister Giovanni Zichella, storico allenatore del Torino Giovani e primo allenatore di Fabio Quagliarella. Passato, presente e futuro. Dagli anni ’90 agli anni ’00, com’è cambiato il ruolo dell’allenatore? E l’approccio coi ragazzi? E’ ciò che abbiamo chiesto al mister.
Nativo di Cerignola (Foggia), la carriera di mister Zichella è piuttosto ricca: ha allenato infatti il Torino Giovani per ben quindici anni (dalla stagione 1988/89 alla stagione 2003/2004 prima di assumere il ruolo di vice allenatore dell’Avellino per la stagione successiva (2004/2005). Ha guidato da allenatore l’Under19 dell’Avellino, nuovamente il Torino Giovani per tre stagioni (dal 2006 al 2009) e l’Under17 del Torino nella stagione 09/10. Nelle stagioni successive ha guidato il Valle d’Aosta nella gloriosa cavalcata culminata con la promozione in Lega Pro Seconda Divisione del Club. Negli ultimi anni è stato vice allenatore della Feralpisalò e del Teramo (nella stagione 2017/2018) prima di assumere il ruolo di allenatore del club abruzzese nella stessa stagione (da aprile 2018 ad ottobre dello stesso anno).
“Quando allenavo i giovani, negli anni ’90, c’era un approccio molto diverso da oggi. L’allenatore era visto come una figura inarrivabile, c’era molto rispetto, ti davano del Lei. Qualsiasi cosa gli dicevi loro la facevano, era molto più semplice guidare i ragazzi. Poi ho deciso, intorno al 2008/2009 di non allenare più i giovani perché oggi non ti ascoltano più, hanno altro per la testa e tutti gli studi e i concetti che fornisci a loro per diventare calciatori non li usano. In categorie superiori la situazione è diversa perché non sei tu a gestire i giovani ma i vecchi dello spogliatoio, i cosiddetti ‘senatori’. Quindi le nozioni vanno insegnate ai senatori che, a loro volta, le impartiscono ai giovani”
“Si ma se devo essere sincero sono cambiati anche gli allenatori. Ho un figlio di 23 anni che già da tre anni allena i ragazzi del Torino. Ha una metodologia diversa da come insegnavo io. Allenavo sedici giocatori per insegnare loro i valori della vita e farli diventare uomini; se poi questi ragazzi avevano anche capacità balistiche diventavano calciatori, altrimenti diventavano delle persone per bene con dei valori, cercavamo di far ‘crescere l’uomo’. L’educazione del resto fa la differenza anche in campo. Adesso no sono impegnati tantissimi sulla coordinazione, la crescita, solo calcio”.
“Secondo me si, mi è stato chiesto da tantissimi giornalisti. Riguardo l’Audace, società solida, hanno vinto i playoff, conosco i calciatori che ci giocano perché gli allenavo prima; la questione era legata al campo che tuttavia non era un problema in quanto fatto in sintetico. Anche il Teramo, squadra che allenavo, aveva dovuto affrontare la stessa problematica: era stato rifatto il campo in sintetico e dopo una settimana è arrivata l’agibilità per usarlo e allora perché non darla anche al Cerignola? Secondo me far rientrare il Cerignola, dopo aver chiuso a 60 squadre, era un problema perché giocare con 61 squadre comportava un’organizzazione differente, riposo settimanale ad una squadra; era più facile dire di no. Magari sono di parte. Non ti nego che un giorno mi piacerebbe allenare il Cerignola, anche perché così sarei più vicino ai miei genitori che vivono lì”
“Tra le tre componenti più grosse, vale a dire dirigenza, squadra e staff (compreso l’allenatore), l’anello più debole è sicuramente lo staff con l’allenatore, nel senso che il presidente che ‘mette i soldi’ naturalmente non si può esonerare, una rosa di venticinque giocatori non la puoi esonerare e quindi se le cose vanno male per mettere a tacere la critica e i tifosi è molto meglio cambiare allenatore e staff per non dare più alibi ai calciatori. Faccio un esempio: perché la Juventus vince sempre? Vince con Sarri, vinceva con Allegri, con Conte, perché la società è la componente più forte. Quando si manda via un allenatore si ha una sconfitta della società”
“Sono convinto che l’Inter ce la farà qualora la società lasci carta libera ad Antonio Conte. Se il calciatore ‘x’ non gioca e viene ricevuto dai dirigenti che lo ‘accarezzano’, sottraendo un po’ di potere a Conte, allora i nerazzurri non andranno lontano ma se la società supporterà Conte l’Inter potrà fare molto bene quest’anno. Faccio di nuovo l’esempio della Juve: se un calciatore si lamenta trova un muro con i dirigenti, ha sempre ragione l’allenatore; se qualcosa non va con l’allenatore lo prendi da parte e gli fai una tirata di orecchie: questo secondo me è l’atteggiamento giusto. Ma se il presidente, come succede in C o categorie più basse, si lamenta con la stampa parlando male dell’allenatore quest’ultimo è morto“
Mister ma Quagliarella lo sente ancora?
“L’ho incontrato in due amichevoli, una con la Valle d’Aosta in Serie C (contro la Juventus) e l’altra contro la Feralpisalò (contro la Sampdoria). Tutte le volte che mi incontra mi saluta con gioia e mi regala la maglia da portare a mio figlio“.
Nella foto in alto Giovanni Zichella, crediti: ilcentro.it
Intervista a cura di Antonio Piazzolla per lagoleada.it – RIPRODUZIONE RISERVATA
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