Diego Maradona, crediti: l43.cdn-news30.it
Il sindaco di Culiacàn ci spera: “l’arrivo di Diego potrebbe salvare le nuove generazioni, come quando ripulì Napoli dalla camorra”.
Cosa non facile perché la città stravede per i Tomateros, la squadra di baseball, lo sport più praticato. I Dorados esistono solo dal 2003, due anni dopo ingaggiarono Guardiola e il Loco Abreu. L’unico acuto del club risale al 2012, quando vinse una coppa messicana conquistata grazie ai gol di Cuauhtémoc Blanco, oggi governatore della regione. Maradona rischia di non sedersi neppure in panchina: i documenti sono in regola, il suo fisico ancora una volta no. Il proprietario Jorge Alberto Hank ha inventato appositamente per lui il ruolo di supervisore tecnico. Staremo a vedere cosa accadrà intanto lo spettacolo inizia martedì in casa contro i carneadi del Cafetaleros di Tapachula. Lo stadio di Culiacàn può accogliere 20mila spettatori e al botteghino sono stati staccati 3mila tagliandi.
Questo articolo ha utilizzato come fonte parziale “Il Giornale”.
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La situazione che ha portato Maradona in Messico è confusa: il club della città di Culiacàn si è aggrappato al penultimo gradino della seconda divisione. El Pibe de Oro vive una fase professionale non del tutto chiara: ha accettato la presidenza onoraria del bielorusso Dynamo Brest, poi ha quasi supplicato la federcalcio di Buenos Aires di affidargli l’albiceleste e infine è sbarcato in Messico. Impossibile non pensare a quando, nel lontano 1986, sollevò nel cielo dell’Azteca la Coppa del Mondo.
Ad attenderlo all’aeroporto di Culiacàn una piccola rappresentanza di 300, poca roba. La comunità locale è perplessa e si domandano cosa sia venuto a fare ma il sindaco, Antonio Castañeda, ci spera davvero e parla di un’operazione “squisitamente sociale”. Culiacàn è la capitale messicana del narcotraffico: «ma l’arrivo di Diego potrebbe salvare le nuove generazioni, come quando ripulì Napoli dalla camorra».
A Culiacàn Diego non farà un altro Napoli