Cara Svezia, ma quanto ci sei costata?

Il calcio non è “solo uno sport” ma poetica ed emozioni a parte è anche e soprattutto economia. Il pareggio con la Svezia al San Siro, il 13 novembre scorso, non ha determinato solo l’esclusione della nazionale azzurra alla FIFA World Cup Russia 2018; le ricadute di immagine e la perdita del giro d’affari correlato alla competizione (marketing, vendite, diritti ecc…) potrebbe costare all’Italia qualcosa come 100 milioni di euro stimati.

Per comprendere al meglio il danno finanziario facciamo un passo indietro e torniamo alla notte magica di Berlino 2006: con la vittoria azzurra il Pil della penisola salì dell’1,9%, analogamente a quanto successe nel 1982; durante l’anno successivo, il 2007, i prodotti legati al “Made in Italy” avevano registrato un incremento nelle vendite estere del 10% circa. Moda, cibo e calcio sono da sempre i pilastri portanti dell’economia del Belpaese, con ricadute significative sugli andamenti di Piazza Affari: secondo il report di Goldman Sachs nei mesi dell’impresa berlinese i ritorni garantiti sono stati del 3% per mese.

L’immagine dell’Italia oltreconfine è peggiorata

Come evidenziato dall’ultima classifica di Brand Finance sul valore dei “Brand-Nazione”, l’Italia ha un endogeno problema di fiducia e di immagine oltreconfine. Se è vero che nel corso del 2017 il valore monetario del marchio italiano è aumentato notevolmente, non si può dire lo stesso della nostra immagine peggiorata soprattutto a causa dell’instabilità politica e della nostra tendenza di comunicare il Paese a livello internazionale molte volte con una storica tendenza all’auto-screditamento. Un valido esempio lo si trova nella caduta del titolo di RCS, il gruppo editoriale che controlla “La Gazzetta dello Sport” e “Marca”, che ha perso 56 milioni di euro di capitalizzazione (-8,7%) se si mettono in conto i potenziali minori ricavi relativi alla diffusione e alla pubblicità delle due testate, il danno da quantificare si aggira sulle diverse decine di milioni di euro.

La disperazione di Florenzi al mancato goal contro la Svezia

Per tutte le testate del settore non ci sarà il tradizionale incremento di copie vendute così come non ci sarà la consistente raccolta pubblicitaria legata all’evento mondiale. Durante l’edizione del 2014, quando il torneo si disputò tra giugno e luglio, le copie della testata di RCS passarono da 240.000 (ad aprile 2014) a 261.000 (a maggio 2014), fino a raggiungere il picco di 270.000 copie vendute nel giugno 2014, durante la fase a gironi che vide l’eliminazione degli Azzurri: «L’Italia fuori dai mondiali è una notizia qualitativamente negativa per il settore media. In generale, la mancata qualificazione ai mondiali di calcio è negativa in quanto si tratta di un evento che attrae i maggiori investimenti pubblicitari» – si legge in una nota di Equita SIM che ricorda come durante gli Europei di Calcio del 2016, quando gli Azzurri vennero eliminati ai quarti di finale dai tedeschi, gli investimenti pubblicitari italiani per l’occasione furono di 60 milioni, cioè il 2% del mercato.

La disperazione di Florenzi, crediti: lapresse.it

“Grazie” Svezia: il budget della mancata qualificazione

Naturalmente gli introiti sono correlati alle prestazioni della Nazionale: se con la mancata qualificazione ai mondiali un gruppo editoriale può arrivare a perdere qualcosa come 56 milioni (-8,7%), al contrario la vittoria portò la tiratura eccezionale e da record della bellezza di 2.300.000 milioni di copie del quotidiano rosa. Generalmente quello che fa crollare i titoli è principalmente una reazione emotiva degli investitori, come comunicano dagli uffici studi di Confcommercio infatti: «Se per il sistema del calcio italiano la mancata qualificazione alla fase finale dei mondiali costituisce una perdita economica finanziaria che si estenderà su più anni è altrettanto vero che ciò non implica necessariamente una riduzione apprezzabile del pil».

Dal marketing ai diritti televisivi ecco cos’è andato in fumo

Il settore che maggiormente risentirà dell’assenza azzurra è quello pubblicitario. Secondo i calcoli di Upa infatti le perdite stimate variano da un minimo di 70 milioni di euro (dato in rialzo, in un primo momento la spesa minima stimata era di 60 milioni di euro) fino ad un massimo approssimativo di 100 milioni di euro nel caso in cui gli azzurri fossero arrivati in finale.

A risentire della debacle dell’Italia sono anche i produttori e i distributori di televisori che negli anni dei mondiali, in prossimità dell’evento, registrano solitamente un boom nelle vendite. Nell’ambito dei diritti televisivi, come ormai noto, l’ha spuntata il gruppo Mediaset con un’offerta di 78 milioni di euro ben accettati dalla FIFA a discapito dei 65 milioni di euro offerti dalla RAI. Svolta clamorosa ma “condizionata” proprio dall’assenza della nazionale ai mondiali: le offerte di Mediaset e RAI, insieme, non raggiungono neanche il 50% dell’offerta promossa dalla televisione pubblica in occasione delle edizioni del 2010 e del 2014 (azzurri fuori ai giorni in entrambe le edizioni).

Antonio Piazzolla

Giornalista e scrittore

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