Editoriale

L’addio di Marco Van Basten che non accetteremo mai

È passato un bel po’ di tempo dalla sua ultima partita, chi era bambino è diventato uomo e in molti ci pensano ancora. Un ritiro anticipato lascia sempre un retrogusto amaro che, nel caso di Marco Van Basten è amplificato.

Sarà perché è stato campione d’Europa cle capocannoniere del torneo con i Paesi Bassi nel 1988, sarà perché vinse tre palloni d’oro (’88,’ 89 e ’92), sarà perché fu eletto FIFA World Player nel 1992 e occupa la 9° posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo di World Soccer e la 12ª posizione nella stessa classifica stilata dall’IFFHS. Sara perché è stato il primo dei dieci calciatori a segnare una quaterna in una sola partita di Champions League.

O forse perché era mostruoso e basta e tutti questi trofei contano poco davanti al suo talento micidiale. Fatto sta che quel 17 agosto del 1995 le sue parole rimasero impresse nella mente e nel cuore di tutti gli amanti del calcio:

“La notizia è breve. Semplicemente ho deciso di smettere di fare il calciatore”

Poche parole che hanno lasciato tutti di stucco. La sua ultima partita, la triste finale di Monaco contro l’Olympique Marsiglia, persa dai rossoneri per 1 a 0 (rete di Basile Boli): faticava persino a correre ma volle a tutti i costi giocare, salvo poi capire che non poteva continuare. Ennesima operazione per poi riaggregarsi ai compagni due dopo: pochi giorni di allenamento, poi la scelta.

“Dove troveremo un altro come lui?”, titolava La Gazzetta dello Sport il giorno dopo. “Il calcio perde il suo Leonardo da Vinci”, disse invece Galliani.

Ma forse le parole migliori sono quelle di Carmelo Bene:

“Il lutto in me per il suo precoce ritiro non si estingue ancora e mai si estinguerà”.

Chissà cos’altro avresti potuto donare a questo sport. Ma va bene così. Leggenda vivente.

NB:  il collage fotografico presente in questo articolo ha utilizzato due foto di Marco Van Basten risultanti entrambe di dominio pubblico.

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