Superlega? “Siamo cresciuti guardando il Foggia battere la Juve”

Superlega? “Siamo cresciuti guardando il Foggia battere la Juve”

È diventato subito virale un post del giornalista Cristiano Carriero, dedicato al discusso tema della SuperLega, soprattutto dopo che è stato condiviso dalla nota pagina Chiamarsi Bomber.

Carriero infatti, esordisce proprio nominando il Foggia, quando i satanelli battevano la Juventus allo Zaccheria. E poi ancora Franco Mancini, nel Bari. Di seguito il testo completo.

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Pino Zaccheria
Pino Zaccheria, crediti: lagoleada.it

“Siamo cresciuti ammirando il Foggia che batteva la Juventus allo Zaccheria, Luiso che segnava in rovesciata la rete del 3 a 2 contro il Milan, il Bari che espugnava San Siro con i miracoli di Franco Mancini e i gol di Masinga. Il Vicenza che vinceva la Coppa Italia e andava a giocarsi la semifinale di Coppa delle Coppe a Stamford Bridge. E poche cose ci emozionano come il ricordo del Genoa che espugna Anfield e della Sampdoria che va a giocarsi la finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona” – dice Carriero.

”O la qualificazione del Chievo in Champions e le più recenti imprese dell’Atalanta. Se la nostalgia è un limite per il progresso e per l’evoluzione, l’oblio è un freno per lo sviluppo. Sembra di assistere ad una rivoluzione, solo che le rivoluzioni non le fanno i potenti. E nemmeno quelli che si autoproclamano “prestigiosi”, come hanno fatto i pionieri della nascente Superlega nel loro comunicato. Un comunicato pieno di boria e di dimenticanze, di oblio appunto” – continua il collega.

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Foggia-Cittadella al Pino Zaccheria. Foto inviata da un nostro lettore

Come se il calcio si potesse cambiare in una notte, mentre i tifosi delle piccole squadre dormono, cancellandone l’identità e il principio fondante: un campionato in cui nessun altro può entrare, un campionato da cui non si retrocede, la fine della meritocrazia. Una competizione di plastica, seguita da tifosi di plastica. E non ci va di essere derisi e definiti come tifosi nostalgici, romantici (in senso negativo, ovvio), anacronistici. Perché non lo siamo. Questa è solo la conseguenza ultima delle Supercoppe vendute ai sauditi e di logiche televisive folli che hanno sostituito il pubblico allo stadio” – prosegue il giornalista.

”E infatti, questa rivoluzione fatta dai “prestigiosi” capita proprio in un momento in cui gli spalti sono vuoti e i tifosi non possono dire la loro. Nel frattempo ci aspettiamo che la dicano – la loro – gli addetti ai lavori, perché questo non è calcio: è Netflix, Prime, è show e di Serie TV ne abbiamo piene le tasche. No, grazie. Non rinneghiamo nulla: è meraviglioso vedere partite come Bayern – PSG e Real Madrid – Liverpool, ma ogni sera no. Diventerebbe altro, diventerebbe abitudine, e il calcio non è abitudine: è sorpresa, è meraviglia, è stupore: è persino 10 anni (o una vita intera) per rivedere la propria squadra in Europa.
Diventerebbe consegnare il nostro gioco più bello a persone che lo disprezzano – conclude Carriero.

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